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Il 21 febbraio 2012 (21022012) è stato l’'ultimo giorno palindromo (leggibile indifferentemente da sinistra a destra e da destra a sinistra) del primo decennio del terzo millennio. Infatti, per avere un altro giorno palindromo sarà necessario attendere fino al 2 febbraio 2020 (02022020).
foto Mauro Paillex
L'Associazione Ricerche e Studi di Archeoastronomia Valdostana (ARSAV) e il Ristorante Lo Riondet (La Thuile) hanno organizzato per il giorno palindromo 21022012 (21 febbraio 2012) una cena palindroma (dall’antipasto al dolce, dal dolce all’antipasto), con il seguente menù:
vin brulé sotto le stelle
le composte dell’orto
consommé di cervo con crostino e fontina
costata di maialetto alla senape con i crauti
sorbetto al limoncello
polenta cotta nel paiolo, alla valdostana
salumi al taglio
digestivo, infuso della baita
La suggestiva cornice era quella della corona di montagne che circonda il Riondet, raggiungibile solo con le motoslitte.
Abbiamo osservato Venere, Giove, Marte, la nebulosa M 42 in Oirone e le Pleiadi

Nelle Alpi vicine al cielo, nel luogo in cui, scostate dalla potenza divina di Graius, le rocce si vanno abbassando e si lasciano valicare, c’è un luogo sacro in cui si innalzano gli altari di Ercole: l’inverno lo copre di una neve persistente e alza la sua testa bianca verso gli astri. ( Petronio, I sec. D.C.)
Nell’antichità, la presenza di un valico montano non era considerata una semplice e fortunata coincidenza geomorfologia, ma veniva identificata con una deliberata azione favorevole e benevola da parte di una divinità delle montagne, nel nostro caso Graio, che permettesse all’uomo il superamento delle cime.
Il pezzo di Petronio ci consente di individuare il sito: si tratta del passo del Piccolo San Bernardo (La Thuile, Valle d’Aosta), ove si erge un grande cromlech che alcuni recenti scavi hanno mostrato essere preistorico. Non tutti sono d’accordo sulla sua datazione: alcuni lo assimilano ai recinti di pietra dell’età del ferro, altri lo ritengono coevo ai più antichi siti valdostani, facendolo quindi risalire all’inizio del terzo millennio a.C.
In quel sito, nelle gelide notti di alta montagna, l’aria si presenta limpidissima e tersa. Mentre la volta celeste sembra farsi sorreggere dalla catena di cime circostanti, il Monte Bianco si assume il ruolo di bussola naturale, visto che la sua vetta si trova a picco sotto la stella polare.
In quel pianoro si ergono gli altari di Ercole cantati da Petronio.
Il cerchio di menhir più alto d’Europa, vista la sua quota di oltre duemila metri, è attualmente formato da 46 pietre erette. Testi storici sostengono che nei tempi più antichi i monoliti fossero 50, poi scesi a 30 all’inizio del ‘900, considerato che alcuni furono sottratti per essere utilizzati a fini edilizi. Successivamente ritornarono al numero di 46 perchè vennero ricollocati, o sostituiti, dall’archeologo Barocelli pochi anni dopo.
Le pietre non sono molto alte, tra 22 e 50 cm, ma il diametro del cerchio è notevole, ben 72 metri, anche se testi antichi sostengono che la pianta si presentasse di forma ellittica, con assi di 72 e 84 metri.
Vi è, nelle leggende della Valle d’Aosta, l’antica terra dei Salassi, una lunga tradizione legata ad Ercole. I valdostani si ritengono infatti i discendenti di Cordelo, da cui prende il nome la mitica città Cordela, l’antica capitale della Valle d’Aosta, non ancora ritrovata. Cordelo era il figlio di Statelo, che a sua volta discendeva dalla stirpe di Saturno. La leggenda vuole che Cordelo facesse parte della spedizione di Ercole, anzi che ne rappresentasse uno dei più importanti luogotenenti, e che si fosse separato dal semidio proprio in occasione del loro passaggio sulle Alpi. Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, scriveva: … i Leponzi e i Salassi, sempre secondo Catone, appartengono alla stessa gente Taurisca. Gli altri scrittori, quasi all’unanimità, ritengono per certo, dall’etimologia del termine greco, che i Leponzi siano stati lasciati sul posto dal seguito di Ercole, avendo riportato un congelamento agli arti, nel passaggio delle Alpi, a causa della neve: del medesimo esercito facevano parte anche i Grai, insediatisi sulle Alpi Graie.
Il culto di Ercole è ben attestato in Valle d’Aosta, come testimoniano alcuni inequivocabili ritrovamenti
Il cromlech si trova a cavallo della linea di confine tra Italia e Francia, anzi, il suo centro segna proprio il confine, facendo sì che mezzo monumento sia italiano e mezzo sia francese. Tale peculiarità non aiutava certo l’organizzazione di uno scavo e, quindi, venne ritenuta a lungo una circostanza estremamente sfortunata, fino a quando non divenne evidente un fatto: dopo la seconda guerra mondiale, il confine di stato, prima collocato più in basso, sul versante francese, venne spostato sullo spartiacque.
Dunque la collocazione del cromlech non è da ritenersi casuale: antichi popoli avevano già notato il comportamento delle acque, che in quel luogo sceglievano percorsi diverse e scendevano, dividendosi spontaneamente, lungo due direzioni opposte.
Studiando ripetutamente il sito, l’autore è andato incontro ad una del tutto inattesa scoperta.
L’orizzonte nord ovest è dominato da una montagna dal tipico profilo, che si chiama Lancebranlette e che presenta la caratteristica di essere una meridiana naturale. L’espressione meridiana naturale indica quei rilievi, o in generale quegli elementi naturali, che segnano un’ora o una data particolare
Il Lancebranlette è una meridiana naturale perché il Sole tramonta dietro alla sua cime in un momento ben preciso dell’anno, e cioè in occasione del giorno del solstizio d’estate. Fatto ancora più spettacolare, il tramonto della nostra stella non avviene proprio dietro la vetta, ma in corrispondenza di una sella posta ad una quota leggermente inferiore. L’effetto è affascinante: l’ombra proiettata assume la forma di un semicerchio che, lentamente, mano a mano che il Sole scende, si allunga verso il sito sacro. Quando la falce scura diventa tangente al cerchio di pietre sembra avvolgerlo. Si ha così, per poche decine di secondi all’anno, l’area sacra che rimane illuminata, mentre tutto attorno prevalgono le tenebre.
L’effetto è molto più evidente in fotografia rispetto a quanto accada sul terreno; ciò nonostante, tutti gli anni, l’associazione di archeoastronomia valdostana organizza, dal tardo pomeriggio del giorno del solstizio d’estate, una osservazione guidata che viene seguita da centinaia di persone.
Quanto detto potrebbe già bastare per convincerci circa l’eccezionalità del luogo, ma vogliamo ancora aggiungere una leggenda. La voce popolare vuole che la colonna di pietra abbia un’origine antichissima e che, prima della statua di Giove, a sua volta precedente a quella di San Bernardo, vi fosse collocata una enorme pietra preziosa: le leggende parlano di un grande rubino rosso che, in determinate occasioni, spandeva raggi di luce su tutto il pianoro. Tale pietra prendeva il nome di Escarboucle, che con il più noto e leggendario nome di Excalibur ha solo una forte assonanza, forse.


Sala Hotel des Etats. Palazzo del Municipio.
Piazza Chanoux. Aosta
Lunedì 21 marzo ore 21.00
Prof. Guido Cossard: l’archeoastronomia, dalla preistoria all’Egitto.
Mercoledì 30 marzo ore 21.00
Prof.ssa Orianna Cremonese: Al posto giusto al momento giusto.
Giovedì 7 aprile ore 21.00
Prof.ssa Marina Villani: le costellazioni
Lunedì 11 aprile ore 21.00
Prof. Guido Cossard: l'’archeoastronomia valdostana, siti e metodi di ricerca.
Il corso è pubblico e gratuito